Nel silenzio di due depositi segreti nel Midwest, uno a Chicago e l’altro a Milwaukee, riposa il Virgil Abloh Archive (VAA), un tesoro composto da circa 20.000 oggetti: abiti, accessori, bozzetti, prototipi, opere d’arte e mementi personali. Un archivio costruito in tre anni, su impulso della moglie Shannon Abloh, per raccontare il processo, la passione e la creatività di Virgil Abloh.
Un archivista prima di tutto
Già da studente di architettura, Abloh conservava appunti, prove e piccoli esperimenti creativi in scatole di cartone. Per lui nulla era irrilevante: ogni frammento, dal disegno improvvisato a un campione di tessuto, aveva valore. Questa filosofia è diventata la base del VAA, un archivio che non distingue tra “capolavoro” e “dettaglio minore”, ma che mostra come tutto fosse parte del suo linguaggio.
Le stanze della memoria
Camminando idealmente tra gli scaffali del VAA, si incontra innanzitutto il cuore del suo percorso: Off-White. Felpe con scritte ironiche, t-shirt con il famoso logo a frecce, prototipi mai arrivati in passerella: qui si respira la nascita di uno stile che ha reso lo streetwear un codice culturale globale.
Più in là, la sezione dedicata a Louis Vuitton rivela l’altra faccia del suo lavoro. Non ci sono solo i set completi di passerella, ma anche borse monogram ridisegnate in versioni fluorescenti, con effetto dégradé o silhouette mai viste prima. Sono oggetti che raccontano come Abloh abbia portato la maison parigina verso un dialogo con il presente, senza mai tradire la sua eredità.
Tra le scatole compaiono poi pezzi che testimoniano i rapporti creativi che Virgil coltivava. Denim Chrome Hearts, con lavorazioni pesanti e dettagli tipici della controcultura americana, convivono accanto a giacche Raf Simons ancora con il cartellino, testimonianza di un rispetto quasi museale per i designer che lui stesso considerava punti di riferimento. Nello stesso spazio, prototipi delle celebri sneakers Nike “The Ten” raccontano la genesi di una delle collaborazioni più dirompenti degli ultimi vent’anni, tra sportswear e alta moda.
Eppure l’archivio non si limita a vestiti e accessori. In un angolo ci sono oggetti personali: pass di sfilate, iPhone scheggiati, biglietti aerei, strumenti da lavoro come le forbici d’argento disegnate con Sterling Ruby. Piccoli dettagli che rendono più umano il mito, e mostrano la quotidianità dietro alla figura pubblica.
Da Chicago a Parigi
Una selezione di questo materiale, circa mille pezzi, verrà esposta dal 30 settembre al 10 ottobre 2025 al Grand Palais di Parigi, nella mostra Virgil Abloh: The Codes, curata in collaborazione con Nike. Sarà la prima occasione per il pubblico di immergersi nell’universo dell’archivio e scoprire quanto esteso e interdisciplinare fosse lo sguardo di Abloh: moda, arte, musica, architettura, comunicazione, tutto intrecciato in un unico linguaggio.
Oltre l’archivio
Il Virgil Abloh Archive non è solo una collezione di ventimila oggetti. È una mappa, una bussola per comprendere come un ragazzo di Chicago abbia riscritto i codici del lusso globale senza dimenticare le sue radici. Ogni felpa, ogni borsa, ogni denim o giacca non è solo un capo, ma un tassello di una storia che continua a ispirare chiunque creda che la creatività sia, prima di tutto, un modo di vivere.
Puoi esplorare l’archvio di Virgil grazie all’articolo di GQ.
Contenuto a cura di:
Giovanni Castellano